IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    In  data  31 ottobre 2001 il G.i.p. del Tribunale di Avellino, su
richiesta  del  p.m.,  pronunciava  decreto  penale  di  condanna nei
confronti   di   Mazza   Domenico   in  relazione  al  reato  di  cui
all'art. 186,  comma  2, n. C. d. S. L'imputato proponeva opposizione
con  atto  tempestivamente depositato nella cancelleria del g.i.p. il
quale,  in  data  11  marzo  2002,  emetteva  decreto  di citazione a
giudizio.  All'odierna  udienza,  nella  contumacia dell'imputato, il
difensore  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  459  ss.  c.p.p.  n relazione agli artt. 3, 24 e 111 della
Costituzione  sotto  il profilo della ritenuta lesione del diritto di
difesa  degli  imputati causato dalla emissione del decreto penale di
condanna  in  assenza  di  contraddittorio  con  il difensore che, se
informato,  avrebbe potuto contribuire ad orientare le determinazioni
del giudicante.
    Ritiene  questo  giudice  che  le  argomentazioni difensive siano
condivisibili,   giacche'  e'  innegabile  che  la  fase  processuale
conseguente  alla  richiesta del p.m. di emissione del decreto penale
di condanna si svolga, innanzi al G.i.p., in assenza di ogni forma di
contraddittorio  e  senza  possibilita'  alcuna,  per  la  difesa, di
interloquire sulla richiesta avanzata dall'accusa. In sostanza, se e'
vero  che  il  g.i.p.,  ai  sensi  dell'art. 459,  comma  3, puo' non
accogliere   la   richiesta   del  p.m.  e  pronunciare  sentenza  di
proscioglimento ex art. 129 c.p.p., qualora ne ravvisi i presupposti,
e'  pur  vero che mancando un avviso al difensore della richiesta del
p.m.,  si  impedisce  al  difensore stesso di interloquire in merito,
lasciando  alla  sola  discrezionailita' del giudice la scelta tra il
proscioglimento,  il  non accoglimento della richiesta con successiva
restituzione  degli  atti  al  p.m.  o l'eventuale accoglimento della
richiesta di decreto penale di condanna.
    In  realta',  il fatto che trattasi di procedimento alternativo a
quello  ordinario  non giustifica, a parere di questo giudicante, che
il  g.i.p.,  inaudita  altera  parte,  citi  in  giudizio  l'imputato
lasciandogli  poi  la  sola  possibilita'  di eludere il dibattimento
mediante  il  ricorso  ai  riti  alternativi  consentitigli.  Pur non
essendo  previsto,  per  il  procedimento  in  questione, l'avviso ex
art. 415-bis  c.p.p.  (sul  punto  si  e' infatti gia' pronunciata la
sezione  prima  della  Cassazione  penale con sentenza n. 5530 del 19
dicembre  2000),  sarebbe  in  ogni  caso auspicabile l'audizione del
difensore  in merito alla richiesta del p.m. di emissione del decreto
penale di condanna.
    L'anticipazione    del    contraddittorio   innanzi   al   g.i.p.
permetterebbe   di   conseguire  l'ulteriore  effetto  favorevole  di
alleviare  il  gravoso peso dei numerosi processi pendenti innanzi al
giudice    monocratico   qualora,   la   eventuale   esposizione   di
argomentazioni  difensive,  fosse  tale  da  evitare  ab  origine  la
citazione in giudizio.
    La  situazione  processuale attuale, se poteva conciliarsi con il
sistema   normativo  anteriore  all'entrata  in  vigore  della  legge
costituzionale  sul  giusto  processo,  appare,  invece,  in evidente
contrasto  con  i  principi  di diritto da ultimo introdotti. Infatti
l'art. 111,  comma 3, della Costituzione, cosi' come modificato dalla
legge costituzionale del 23 novembre 1999 n. 2, ha chiaramente inteso
garantire  il  rispetto  del  contraddittorio  anche nella fase delle
indagini  preliminari.  Peraltro,  pur  volendo  dissentire  da  tale
interpretazione,  la richiesta di decreto penale di condanna equivale
all'esercizio   della   azione   penale   (art. 405  c.p.p.)  con  la
conseguenza che l'indagato assume gia' da quel momento la qualita' di
imputato  ed  impedirgli di interloquire innanzi al g.i.p. equivale a
violare  il  principio  del  contraddittorio  in una fase che e' gia'
processuale.
    Per  quanto  argomentato, questo giudicante ritiene condivisibile
la posizione difensiva consapevole che l'accoglimento della questione
comporterebbe la nullita' del decreto penale opposto, emesso inaudita
altera parte, con conseguente regressione del procedimento.